Negli ultimi anni il Marocco è alle prese con riforme legali e sfide sociali che vanno anche nella direzione dell’uguaglianza di genere.
Nonostante gli stereotipi occidentali vedano spesso il mondo arabo-musulmano come arretrato e statico per quanto riguarda le battaglie per i diritti civili e, in particolar modo, il ruolo della donna nella società, in realtà la società marocchina sta vivendo anni all’insegna del cambiamento. Il discorso tenuto da Re Mohammed VI durante la Festa del Trono del 2022, ha avviato un percorso di riflessione che sta portando alla riforma del Codice di Famiglia marocchino, la cosiddetta Moudawana, che contiene numerose disposizioni sul ruolo della donna in famiglia e in società.
La Moudawana ha subito diverse modifiche nel corso della storia del Paese. Se prima dell’indipendenza il diritto di famiglia era regolato principalmente dalla sharia (ovvero l’insieme dei principi etici e morali che si desumono dal Corano e altre fonti), a partire dall’indipendenza si è avviato un processo di modernizzazione del sistema giuridico e di promozione dell’uguaglianza di genere. Nel 1958 è stata adottata la prima Moudawana del Marocco indipendente, testo per conciliare i principi della legge islamica con i cambiamenti vissuti dal Paese, innalzando ad esempio l’età minima per il matrimonio e introducendo un limitato diritto al divorzio per le donne.
La riforma più recente del codice risale al 2004. Promossa da Re Mohammed VI, che ne ha fatto un pilastro della sua politica sociale, e soprattutto spinta da gruppi di militanti femministe che hanno portato avanti le loro istanze per anni, ha rappresentato un importante passo avanti sia dal punto di vista giuridico che sociale, con l’obiettivo di allineare il diritto di famiglia marocchino agli standard internazionali, pur rimanendo fedele ai principi islamici.
La nuova Moudawana ha segnato un momento rivoluzionario, affidando a entrambi i coniugi una responsabilità condivisa nella famiglia, a differenza del testo precedente che affermava il principio di «obbedienza in cambio di mantenimento» nei confronti della donna. Il Codice, inoltre, fissa l’età minima per contrarre il matrimonio a 18 anni, limita la poligamia e facilita l’accesso al divorzio.
Nonostante i progressi, la riforma non ha soddisfatto completamente le aspettative dei gruppi femministi, del resto non sempre accomunati dagli stessi intenti. Se infatti la parte più laica del movimento chiedeva una riforma più secolare, che mantenesse separati la religione e il diritto e che si fondasse sull’uguaglianza tra i generi, quella conservatrice supportava comunque la riforma, ma riteneva che l’obiettivo fosse l’equilibrio della famiglia, in una logica di complementarietà dei ruoli e non di uguaglianza. La riforma ha quindi cercato di rispondere alle diverse esigenze della società, ma il risultato finale non ha soddisfatto appieno né le associazioni femministe secolari, né le istanze più conservatrici.
Nel tempo, molte attiviste e attiviste si sono lamentati non solo di alcuni limiti nel testo, che lascia ad esempio un’ampia discrezionalità ai giudici nel permettere matrimoni di minori di 18 anni e la poligamia, ma anche della mancanza di una profonda diffusione della riforma nel Paese.
Nelle aree rurali, infatti, la maggior parte delle donne sono rimaste ignare della riforma e non sono riuscite a godere appieno dei loro nuovi diritti. Anche per questo, la riforma della Moudawana è stata talvolta tacciata di rappresentare un tentativo di capitalizzare sui diritti delle donne da parte del Re e della sua amministrazione, per modernizzare il Paese agli occhi degli osservatori occidentali, piuttosto che un reale atto di contrasto alle discriminazioni.
Non si può negare però che il testo di legge abbia rappresentato un passo avanti verso l’uguaglianza e la tutela delle donne e delle bambine, ponendo le basi per un rapporto tra i generi più equo.
Nel 2022, il celebre discorso del re, ha dato inizio a un nuovo processo di riforma. Dopo 18 anni dall’ultima modifica della Moudawana, il Paese, i suoi usi e costumi, sono cambiati e, dopo le Primavere Arabe, nel 2011 è entrata in vigore una nuova Costituzione che definisce il Regno del Marocco “un membro attivo in seno alle organizzazioni internazionali e si impegna a sottoscrivere i principi, i diritti e le obbligazioni enunciate dalle loro carte e convenzioni”. Il testo costituzionale riconosce quindi come referente legislativo non solo “la preminenza accordata alla religione musulmana”, ma anche gli obblighi e i principi internazionali sottoscritti dal Marocco, come la Convenzione ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna e la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, a cui il Paese dovrebbe adattare la sua legislazione nazionale.
Il Codice di Famiglia, quindi, è tornato a essere visto come antiquato in alcune disposizioni.
È così iniziato il nuovo processo di riforma della Moudawana. Nell’ultimo anno e mezzo, rappresentanti del mondo associazionistico e accademico, partiti politici, sindacati, giuristi, giuriste, teologi e teologhe musulmani hanno potuto esprimere le diverse posizioni della società in merito alla riforma. Il 24 dicembre 2024 il ministro della giustizia Abdellatif Ouahbi ha rivelato pubblicamente quali saranno a grandi linee i contenuti della nuova Moudawana il cui testo dovrà essere approvato dal governo e poi dal parlamento prima di poter entrare in vigore, processo che dovrebbe durare circa un anno.
Tra i principali punti della riforma vi sono indicazioni circa la modifica delle norme relative al matrimonio di minori (reso possibile in via eccezionale ma non sotto i 17 anni) e alla poligamia. Si tratta di un tentativo di limitare il fenomeno del matrimonio tra minori, che sebbene dovrebbe essere concesso solo in casi eccezionali, rimane in realtà ampiamente autorizzato dai giudici. Nel 2018, ad esempio, si stima che l’85% delle richieste di matrimonio che coinvolgevano minori siano state approvate. Inoltre, la poligamia, già limitata dalla Moudawana del 2004, risulta ulteriormente regolarizzata, dal momento che le donne potranno mettere una clausola nel proprio contratto di matrimonio per rifiutarla, anche se pare potrà essere imposta in determinati casi. In caso di divorzio, la donna potrà inoltre mantenere la custodia dei figli e delle figlie anche in caso si risposi e la divisione dei beni tra i coniugi dovrà tenere conto anche dell’eventuale apporto che la donna ha dato all’unità familiare attraverso il lavoro domestico.
A differenza del clamore suscitato dalla riforma del 2004, che ha fatto parlare di sé tanto in Marocco quanto all’estero, questa nuova modifica del codice è passata maggiormente in secondo piano. Il processo è lento e le modifiche proposte sembrano meno rivoluzionarie e incisive di quelle precedenti. In particolare, alcuni gruppi femministi locali esprimono malcontento per l’assenza di disposizioni che permettano il riconoscimento della paternità fuori dal matrimonio tramite test del DNA. Senza la possibilità di adottare tale strumento, una donna non sposata non può obbligare il padre a riconoscere il bambino o la bambina, con le conseguenti discriminazioni legali e sociali che colpiscono i bambini e le bambine nati al di fuori dal matrimonio. Inoltre, numerosi casi di matrimonio con minori e di poligamia rientrano nei cosiddetti “matrimoni consuetudinari”, ovvero proclamati religiosamente e semmai registrati successivamente. La nuova riforma non menziona questo fenomeno e non lo regolarizza, lasciando quindi aperta questa possibilità.
L’efficacia delle riforme del Codice di Famiglia marocchino dipenderà quindi dalla loro applicazione concreta e, sebbene il Paese stia modernizzando il proprio sistema giuridico, il vero cambiamento richiederà anche una trasformazione culturale profonda. Il cammino verso l’emancipazione delle donne marocchine è ancora lungo, ma i progressi fatti finora sono un segnale positivo. Le lotte per l’uguaglianza delle donne, lontane dagli stereotipi che dipingono le società “non occidentali” come statiche, ci ricordano che il progresso sociale è una sfida universale. Donne di tutto il mondo, con tradizioni e storie diverse, sono unite nel rompere le disuguaglianze, sfidare i sistemi patriarcali e promuovere la parità di genere.
Sara Manna
Servizio Civile Progettomondo in Marocco