“Da quando sono entrata in prigione, non è soltanto la libertà che ho perso, ma la mia dignità di donna, di essere umano. Ci trattano come bestie, non abbiamo cibo né acqua potabile in modo regolare. Senza l’intervento esterno di parenti, conoscenti, organizzazioni internazionali o associazioni locali rischieremmo di non mangiare né bere per giorni, per settimane. L’ora d’aria non esiste, non ci è concesso di uscire dalle nostre celle se non in caso di visite di parenti o del nostro avvocato, quindi, di fatto, non si esce perché ad Haiti, quando si finisce in prigione, si viene abbandonati dalla propria famiglia, rigettati dalla comunità di appartenenza e se non si hanno i mezzi per pagarsi l’assistenza legale, non si ha accesso alla giustizia e si resta in prigione”. È la cruda testimonianza di una donna haitiana, protagonista delle attività di Progettomondo nel carcere civile di Saint-Marc, dove si trova in detenzione preventiva prolungata da 4 anni.
“Grazie al corso di formazione in cucito ho ritrovato la mia dignità, la voglia di vivere, di alzarmi la mattina con l’intenzione di ricostruirmi un futuro una volta uscita di prigione, mettendo in pratica quanto ho appreso”, dice.
Dalla prigione di Hince arriva invece la voce di un ragazzo minorenne, condannato a 6 anni di reclusione.
“Vorrei parlare di cosa significa vivere, o meglio sopravvivere, in questa prigione: l’acqua potabile non è sufficiente, il cibo è disgustoso, neanche le bestie accetterebbero di mangiare quello che ci propongono, non abbiamo alcuna possibilità di curarci quando stiamo male, al contrario, quando siamo malati e avremmo bisogno di andare all’ospedale, aprono la cella e ci prendono a bastonate. Diversi compagni sono morti per mancanza di cure. Grazie ai corsi di formazione e al servizio di supporto psicologico, ora posso parlarne con qualcuno, posso contattare la mia famiglia con le lettere che scrivo e che la psicologa fa recapitare ai miei genitori. Gli insegnanti, se ho bisogno mi acquistano le medicine”.
Le carceri sono il barometro della garanzia e del rispetto dei diritti umani fondamentali da parte di uno Stato e la situazione carceraria ad Haiti è a dir poco disastrosa. Come si evince dalle testimonianze, i diritti fondamentali della persona non vengono garantiti. I minorenni spesso si ritrovano a dover condividere la cella con gli adulti, venendo così esposti a un maggior rischio di violenze sessuali, fisiche, psicologiche e di recidivismo.
Le celle sono sovraffollate aumentando così il rischio di promiscuità e di propagazione di malattie infettive. In una cella di 4 metri x 4 vengono ammassate più di 80 persone costrette a fare i turni la notte per poter dormire a terra, da seduti. Una sola delle 6 prigioni visitate dispone di letti per le detenute, si tratta dell’unico carcere femminile nazionale di Haiti (Cabaret).
Oltre alle generali condizioni dei penitenziari, a essere altrettanto allarmante è la mancata applicazione dei codici penale e minorile e delle relative leggi in materia di detenzione, fra cui il diritto di avere un’assistenza legale gratuita fornita dallo Stato qualora il/la detenuto/a non disponga dei mezzi necessari per far fronte alle spese legali. Non vengono applicati nemmeno i meccanismi alternativi alla detenzione per i minori al di sotto dei 18 anni e il ricorso all’incarcerazione, solo come extrema ratio, in centri rieducativi e di reinserimento sociale dei minori tra i 16 e i 18 anni, accusati di aver commesso reati estremamente gravi. E non avviene il rispetto delle quarantotto ore previste dalla legge in materia di detenzione preventiva.
A oggi, il tasso nazionale di detenzione preventiva prolungata (DPP) è dell’82.92%. In media gli anni di DPP dei detenuti incontrati è di 5 anni e la maggior parte di loro non dispone di un avvocato. Quasi tutti i minori hanno tra i 15 e i 16 anni, chi ha raggiunto la maggiore età è in prigione in media da più di 3 anni, senza alcuna possibilità di essere spostato nell’unico centro nazionale di educazione e reinserimento sociale per minori (Cermicol).
Tuttavia, nonostante l’ormai conclamato disfunzionamento del sistema di giustizia che alimenta il fenomeno della detenzione preventiva prolungata, da ormai più di due anni Progettomondo ad Haiti ha deciso di schierarsi in prima linea nella difesa dei diritti umani delle persone in conflitto con la legge, impegnandosi a garantire l’accesso alla giustizia a favore dei gruppi sociali più vulnerabili, quali donne e minori.
Con il progetto A Bon Droit, finanziato dall’Unione Europea, per il rafforzamento dello stato di diritto e la difesa dei diritti civili e politici delle persone in conflitto con la legge, e un focus particolare sulle categorie più vulnerabili, stiamo rafforzando le conoscenze degli agenti e operatori psicosociali dei vari penitenziari nazionali e operatori di giustizia – giudici, commissari, cancellieri – in materia di difesa e rispetto dei diritti dei detenuti. Li stiamo formando e sensibilizzando anche nell’ambito della giustizia e delle pratiche riparative, al fine di promuovere processi di reintegrazione sociale delle vittime e degli aggressori con la collaborazione attiva e partecipativa delle comunità di appartenenza.
Date le allarmanti condizioni dei penitenziari, ben lontane dall’essere rispettose dei diritti fondamentali della persona, il progetto prevede degli interventi diretti nelle prigioni in materia di assistenza psicologica e legale a favore dei detenuti. Da marzo a giugno, in tre dei cinque penitenziari target, 10 detenute sono riuscite a ritrovare la propria libertà. Un risultato che dimostra la necessità e l’importanza di essere presenti e di continuare ad assicurare la presa in carico dei dossier dei detenuti, e di promuovere delle azioni di advocacy presso gli attori locali chiave del sistema penale per cercare di sormontare la sua immobilità a livello nazionale.
Infine, il progetto prevede formazioni professionali in ceramica, idraulica e chimica industriale per i minori; cucito, pasticceria, arte floreale e imprenditoria femminile per le donne al fine di favorire il loro reinserimento socio-economico una volta usciti di prigione. La privazione della libertà non legittima infatti l’annullamento di tutti gli altri diritti fondamentali dell’essere umano.
Caterina Scataglini
Progettomondo Haiti