La gestione dei conflitti ambientali, il contrasto all’inquinamento prodotto dalle miniere peruviane e poi l’improvvisa corsa per rientrare in Italia, prima che l’emergenza sanitaria ormai mondiale potesse bloccarli all’estero.
Alessandro Bonati e Alessia Martoscia abitano l'uno a Valeggio sul Mincio e l'altra ad Arcore. Lo scorso luglio sono partiti per il Perù come Corpo Civile di Pace, aderendo alla proposta di Progettomondo.mlal che, come Ong federata Focsiv, partecipa al bando promosso dal Dipartimento della Gioventù.
Dopo gli studi e, nel caso di Alessandro, anche un anno di servizio civile in Brasile, i due giovani hanno quindi scelto di indossare i panni di figure designate per la “difesa civile, non armata e non violenta” in situazioni di conflitto e di emergenze ambientali.
Il 13 marzo, il venerdì prima dell’inaspettata chiamata al rientro erano in riunione con soci e partner locali di Progettomondo.mlal proprio per sviluppare il piano per la gestione ambientale e la mappatura del territorio rurale di Juliaca dove la presenza di miniere provoca l’inquinamento dell’acqua, l’abbandono di rifiuti e una serie di altre criticità.
“Sabato mattina l’Ong ci ha telefonati per dirci che le indicazioni della Focsiv erano di partire subito, rispondendo così all'invito del dipartimento di valutare la necessità del rimpatrio immediato”, raccontano i giovani che avrebbero dovuto restare in Perù fino a fine giugno. “Abbiamo regalato ai vicini le riserve di cibo che avevamo in dispensa poi, in fretta e furia, senza la possibilità di salutare nessuno, abbiamo messo in valigia quanto possibile e siamo saliti sul primo volo per Lima”.
Altri Ccp si erano già imbarcati per l’Italia, ad Alessandro e Alessia è toccato aspettare fino al giorno dopo per raggiungere Buenos Aires e quindi Roma. Da qui il treno rispettivamente per Verona e per Milano.
“Tutto è successo velocissimo”, racconta il giovane di Valeggio. “Controllavamo a distanza la situazione in Italia. Il primo contagio in Perù è accaduto una settimana prima che partissimo e insieme alla presa d’assalto dei supermercati sono iniziate le progressive limitazioni dei luoghi di aggregazione”.
Non appena atterrato in Italia Alessandro si è sottoposto alla quarantena, come previsto dal decreto per chi arriva dall’estero. “Mio padre mi ha messo a disposizione una sua vecchia casa e mi porta la spesa a distanza. Solitamente il rientro rappresenta una festa e un momento di condivisione e pure di abbracci con la famiglia. Questa volta invece i rapporti sono solo a distanza. L’entusiasmo è azzerato, prevale la preoccupazione”.
Anche Alessia è in quarantena. “Sono in una casa isolata rispetto a quella dei miei genitori, fortunatamente vicini, che mi allungano la spesa dalla finestra al piano terra”, racconta. “Non posso abbracciare né loro né gli amici. Formalmente noi Corpi Civili di Pace restiamo in servizio fino al 3 aprile con un permesso straordinario. Poi non ho idea di cosa ci aspetti”.
Alessandro, che ha scelto di dedicarsi al sostegno delle fragilità per garantire una vita dignitosa a tutti, lancia infine un appello. “Penso che la gente debba cercare di evitare il giudizio troppo facile. Anche prima del virus c’era la tendenza a puntare il dito contro gli altri, e ora temo che si possa scivolare in prese di posizione frutto di rabbia e rancori, che rischiano di creare falsi nemici. Verso gli altri serve un po’ di pietà, senza etichette o valutazioni affrettate”.