Riparte il Festival di Cinema Africano di Verona dopo un anno di sospensione che ha visto slittare la quarantesima edizione dal 2020 al 2021 con tante difficoltà da affrontare, ma con tenacia nel resistere.
Siamo ancora nel contesto della pandemia, un tempo di fragilità, che tanto ha cambiato il mondo e che ha costretto l’umanità intera a lottare per sconfiggere non solo il virus ma anche le conseguenze e gli effetti collaterali che comporta. La pandemia ha acuito le diversità ad ogni livello, ha portato all’estremo l’isolamento sociale e culturale trovando come surrogato una relazione virtuale, invocando la chiusura dei propri confini e l’innalzamento di muri protettivi.
È una visione del senso della vita dalla quale dobbiamo uscire al più presto ed il ribaltamento di prospettiva è quello che il quarantesimo Festival vuole approcciare.
In un contesto di chiusura e di ripiegamento su se stessi diventa importante e necessario il contatto con l’arte, qualsiasi essa sia. È nella natura propria dell’arte la predisposizione ad essere linguaggio universale capace di superare qualsiasi barriera, fisica o mentale, ed arrivare al cuore di chi ancora sa emozionarsi per l’uomo, la natura, la capacità di creare, condividere e conoscere.
Abbiamo bisogno di nuove visioni per affrontare le sfide future delle nostre società, occhi nuovi per guardare il presente e in questi 40 anni di Festival crediamo di aver contribuito a dissodare il terreno delle nuove generazioni per gettare quei semi che faranno fiorire una cultura più inclusiva, capace di abbracciare la complessità e la diversità del mondo.
Il Festival, attraverso il fascino straordinario del cinema, è e sarà non solo un terreno privilegiato per la conoscenza delle culture ma anche un aiuto a saper leggere la contemporaneità.
L’evoluzione, il cambiamento, nel bene e nel male ci appartengono, sono frammenti della vita di ciascuno di noi dove spesso convivono, speranza e disperazione, buio e luce, e tutti siamo ugualmente inclini ad aggrapparci alla “luce”.
È questo il messaggio che ci arriva dall’immagine del manifesto scelto appositamente per la quarantesima edizione del Festival. Una “luce” che diventa simbolo e metafora di rinascita che, al di là di ogni confine, si realizza dove esiste l’uomo nel suo abbraccio all’universo. La foto onirica dell’artista keniano Mutua Matheka, realizzata proprio durante il lockdown, svela tutta la forza e la determinazione di questo continente nel cercare nuovi orizzonti di luce, dove anche il cinema diventa strumento che, metaforicamente nel buio di una sala, proietta luci premonitrici e foriere di nuove albe.
Giusy Buemi, Stefano Gaiga
Direzione artistica
I NUMERI E LE SEZIONI IN CONCORSO
40 anni ricchi di Paesi africani, di donne e di tematiche. Questa è la sintesi della 40esima edizione del Festival, che vede la presenza della cinematografia di Algeria e Costa d’Avorio; Egitto e Kenya; Lesotho, e Libia; Marocco e Mozambico; Nigeria e Repubblica democratica del Congo; Senegal e Sudafrica; Sudan e Tunisia.
14 gli Stati rappresentati; 20 i film in concorso nella sezione PanoramAfrica dedicata ai lungometraggi e Africa Short dedicata ai cortometraggi; 7 le prime visioni italiane e 7 le registe; diverse le tematiche affrontate: dall’infanzia alla realtà giovanile e quella famigliare; dall’Africa urbana e borghese a quella rurale; dall’ambiente agli integralismi; dal peso della tradizione e superstizione alla condizione femminile, fino alla condizione delle carceri e a un racconto dal piccolo Lesotho.
10 i film in concorso nella sezione a tema migrante Viaggiatori&Migranti che si terrà nell’ambito del Festival tutto l’anno durante la prossima estate dentro l’evento comboniano Ma che estate 2022
per vedere il programma e saperne di più: cinemafricano.it
scopri anche l’impegno di Progettomondo per il Festival: “Il cinema che educa“