La scrittrice di un nuovo linguaggio riempie pagine e pagine e pareti di un alfabeto alieno. L’uomo del Botswana disegna pezzi della sua vita passata tracciando linee perfette. La danzatrice sembra insegnare nuovi passi e movimenti perduti. Il signor Gomes, che solitamente non vuole fare niente, ora è il primo a prendere il pennello per dipingere già con un suo stile. La donna che ride a squarciagola nel teatro trasforma la sua risata in un dialogo fraterno. L’uomo che non parla attende puntuale all’entrata dell’Ospedale psichiatrico. Gli artisti si lasciano sorprendere, riscoprendo l’essenza dell’arte.
L’arte crea bellezza e convivenza nelle attività promosse da Progettomondo nell’ambito del progetto Infulene che ha preso il via a settembre nell’ospedale psichiatrico di Maputo, in Mozambico.
Il progetto, finanziato dall’ambasciata Svizzera in Mozambico ha per partner l’ospedale psichiatrico di Maputo e l’associazione culturale Girassol. Si rivolge a 300 donne e uomini internati, un insieme di persone vulnerabili ed escluse dalla cittadinanza all’interno del Paese, abbandonate nella solitudine e nella terapia farmacologica sedativa. Sono coinvolti inoltre 20 operatori sociosanitari e 100 studenti e studentesse della facoltà di terapia occupazionale, oltre al movimento artistico della città di Maputo.
Tramite 6 atelier artistici permanenti, si punta a migliorare la condizione dei pazienti e delle pazienti ricoverati, utilizzando la pratica artistica per ri-costruire il loro diritto alla cittadinanza. Si vuole creare un processo artistico e terapeutico permanente, che “risvegli” chi è spesso isolato e sedato, permettendo di esprimere la follia in un modo socialmente accettabile attraverso l’arte.
Gli atelier, in programma due volta alla settimana, sono condotti da artisti-attivisti mozambicani che, oltre a possedere una tecnica professionale nel loro ambito, si fanno guidare da uno spirito di curiosità e di apprendimento verso il nuovo che emerge. L’arte è quindi essenzialmente una pratica di libertà e di scambio, e non solo uno strumento di cura.
Il progetto prevede anche una ricerca psicoantropologica, volta a fornire al Ministero della salute mozambicano dati utili per integrare l’arte nelle politiche pubbliche di salute mentale. Infine verranno organizzati percorsi formativi per gli studenti della facoltà di terapia occupazionale di Maputo sul tema “arte e salute mentale”.
“L’entrata in un luogo di abbandono sociale come l’ospedale psichiatrico di Infulene, in Mozambico, fa i conti con una serie di domande, a partire da come si possa dare sollievo a chi sopravvive in condizioni di precarietà”, evidenzia il responsabile di “Infulene” per Progettomondo, Stefano Fontana. “I cosiddetti malati mentali sono coloro che, per un motivo o per l’altro, hanno perso la ragione, e al mondo non servono più. Rappresentano una macchina guasta da togliere di mezzo, la loro vita è scandita solo dai momenti della terapia sedativa e dalle necessità basiche, niente più. Niente sogni, niente occhi brillanti, niente allegria, niente tristezza. Solamente stare. Le attività puntano al recupero della dignità attraverso l’arte, in grado di “spremere” fuori l’essenza dell’essere umano, quella voce intima e libera che tutti e tutte abbiamo, e che tutti o tutte più o meno non ascoltiamo.
Le attività hanno preso forma in modo efficace per creare uno spazio di libertà. Il lunedì e il mercoledì sono dedicati ai pazienti psichiatrici, mentre il giovedì ai giovani in processo di disintossicazione da sostanze.
Siamo entrati la prima volta nell’ospedale psichiatrico l’11 settembre scorso, con un gruppo variegato di artisti, accomunati dal desiderio di creare opportunità di convivenza, di cambiare le condizioni di chi si ritrova emarginato e sopito. L’arte risveglia, cura e crea degli spazi sacri di condivisione“.