“Abbiamo subito persecuzioni, soprusi, intimidazioni da parte di latifondisti collusi con giudici e persino con le autorità. Abbiamo bisogno di risposte, di un cambiamento, di una reazione positiva per le popolazioni indigene. Siamo esseri umani, portatori del diritto alla vita. Il patrimonio della terra, dei boschi, dei beni comuni è un’eredità e dobbiamo prendercene cura per le generazioni future”. Le parole sono di Marcelino Miranda, leader della comunità indigena Montaña Verde nel municipio di Gracias, in Honduras.
Sono state pronunciate durante l’evento promosso dal Copinh (Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras) che si è svolto a Tegucigalpa in occasione dell’anniversario degli 8 anni dalla morte dell’attivista ambientalista Berta Cáceres, uccisa per la sua lotta contro la costruzione di una diga idroelettrica che avrebbe danneggiato il territorio della comunità Lenca.
“Ci negano il diritto alla terra, il diritto al riconoscimento come comunità indigena, e di conseguenza il diritto a mantenere liberi i nostri fiumi, le nostre terre. Non dobbiamo stare in silenzio, dobbiamo difendere i nostri territori”, ha dichiarato nella stessa occasione la vicepresidente del Consiglio indigeno lenca di Rio Blanco, Rosalina Dominguez.
Durante l’evento è stato presentato il documento “Popoli indigeni in Honduras: diritti, territorio e leggi. Analisi tecnico-giuridica del quadro normativo per la protezione dei diritti territoriali delle comunità indigene, alla presenza di rappresentanti e membri di comunità indigene, organizzazioni della società civile e istituzioni governative.
La pubblicazione presenta un’analisi giuridico-normativa e una proposta strutturata che possano condurre alla garanzia della protezione dei diritti territoriali delle comunità indigene e afrodiscendenti in Honduras.
L’attuale panorama mostra frequenti e molteplici casi di violenza e violazione di diritti umani, favoriti soprattutto dal mancato riconoscimento legale delle stesse comunità e dei loro territori. Lo Stato consente e spesso promuove concessioni di titoli privati su terre ancestrali, talvolta al limite della legge o del tutto illegali, a favore di progetti di sfruttamento delle risorse naturali. A farne le spese, però, oltre all’ambiente, sono soprattutto coloro che quei territori li abitano e proteggono da secoli, secondo una cosmo-visione per cui le terre non sono solamente luoghi, ma vita.
Le persone appartenenti alle comunità indigene e afrodiscendenti, a causa di questi procedimenti, sono spesso vittime di sgomberi e trasferimenti forzati, campagne pubbliche di discredito, atti di criminalizzazione che avvengono tramite denunce per reati non commessi, come l’usurpazione e l’occupazione delle terre, ordini di cattura, condanne e perfino incarcerazione. Sovente sono sottoposte a violenza, subendo persecuzioni, minacce verbali e fisiche, aggressioni, tentati omicidi, fino ad arrivare all’assassinio.
Nel 2015 l’Honduras è stato condannato dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) per violazione di diritti ancestrali e collettivi dei popoli indigeni e afrodiscendenti: ciò non è stato sufficiente a evitare che atti gravi continuassero a riproporsi. Tra i casi più emblematici vi è certamente l’omicidio di Berta Caceres, ma non è l’unico. Dal 2016 al 2023, 27 attiviste donne sono state assassinate e, solo nel 2023, si calcolano almeno 15 omicidi di difensori di diritti umani, di cui 9 per la difesa del territorio, tra gennaio e maggio 2023.
Per quanto riguarda le aggressioni, negli ultimi 10 anni sono state registrate 105 denunce di attacchi a popolazioni garifuna (afrodiscendenti) e per il 2023 l’ONU riporta un totale di 308 difensori di diritti umani vittime di aggressione, di cui oltre il 50% ha visto implicati defensores y defensoras di terre e ambiente.
Questi dati dimostrano come i meccanismi di protezione e i provvedimenti cautelari istituiti dalla CIDH nel 2015 non siano stati sufficienti a impedire che nel Paese si stabilisse un elevato livello di conflittualità socio-ambientale, così elevato che nel 2023 la Rete Nazionale dei Diritti Umani ha registrato un incremento del 125% delle aggressioni – collettive o individuali – nei confronti di popolazioni indigene e afrodiscendenti.
Altrettanto fallimentare si è rivelata la creazione della Commissione di Sicurezza Agraria e Accesso alla Terra, istituita il 6 giugno 2023, sotto il mandato dell’attuale governo di Xiomara Castro. Nata con l’intento di risolvere i conflitti territoriali, tale commissione si presenta tuttavia con un forte focus in materia di sicurezza e con il mandato principale di dedicarsi alle operazioni di sgombero, almeno 11 nel 2023. Ad oggi, attraverso tale istituzione, non sono state promosse riforme o proposte orientate all’accesso alle terre, né ai titoli di proprietà delle popolazioni coinvolte.
Le limitazioni della Commissione e dei meccanismi di protezione, quali la mancanza di fondi e l’incapacità tecnica dei funzionari, che spesso non conoscono gli strumenti legali nazionali e internazionali di applicazione, portano a un mancato rispetto dei diritti delle comunità indigene, soggette sempre più a criminalizzazione.
Progettomondo, in partenariato con la Fundación San Alonso Rodríguez (FSAR), ha implementato una serie di azioni per la protezione di defensores y defensoras de tierra y territorio.
Attraverso il progetto sulla difesa dei diritti umani delle persone private di libertà, “Con Buena Razón”, finanziato dall’Unione Europea, l’Ong si è dedicata al caso Guapinol.
Il primo settembre del 2019, 8 difensori del territorio e dell’ambiente furono arrestati con l’accusa di incendio aggravato, reato di sequestro di persona, associazione a delinquere e furto. Tale criminalizzazione derivava dalle persistenti azioni di protesta che essi stavano mettendo in atto contro un progetto di estrazione mineraria, a opera della compagnia “Inversiones los Pinares”, a difesa del fiume Guapinol e della circostante area naturale protetta.
Questi accadimenti suscitarono una grande mobilitazione a livello internazionale, poiché gli 8 difensori furono trattenuti in privazione di libertà preventiva per oltre due anni, in violazione al diritto a un giusto processo. Inoltre, i legali denunciarono diverse irregolarità e atti di tortura subiti dai loro assistiti.
Con il fine di ottenere la scarcerazione dei difensori, Progettomondo e FSAR hanno messo in atto un processo di accompagnamento legale. Anche grazie a tali pressioni, a febbraio del 2021 i difensori di Guapinol furono rilasciati sotto ordine di liberazione immediata della Corte Suprema di Giustizia.
In Honduras la strada per la garanzia del rispetto dei diritti delle popolazioni indigene e afrodiscendenti è ancora lunga.
In tutto il continente latinoamericano (e non solo) vi sono violazioni e atti di violenza simili, spesso a favore di interessi economici e politici che non tengono conto di danni ambientali, della salute e la vita di persone che vivono i territori e che svolgono un inestimabile lavoro di protezione dell’ambiente, specialmente oggi che gli effetti del cambiamento climatico si fanno sempre più evidenti, a conferma di un sistema mondiale profondamente interconnesso.
Le istituzioni di tutto il mondo dovrebbero dare valore, supportare e promuovere l’operato di chi difende e rispetta il territorio, tenendo conto che le popolazioni indigene sono custodi di conoscenze tradizionali e ancestrali capaci non solo di proteggere l’ambiente, ma anche di fornire soluzioni di sussistenza resilienti ed ecologiche.
Le comunità indigene continuano a lottare per i propri diritti, per l’esistenza propria e dei territori che abitano, sono motore e promotrici di un cambiamento che possa portare finalmente alla garanzia dei diritti umani e alla salvaguardia del medio-ambiente.
Diceva Berta: “Uniamoci e continuiamo con speranza, difendendo e prendendoci cura del sangue della terra”.
Irene Maria Maldera
Corpo Civile di Pace in Honduras