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Perù
Ago 2024

I diritti della natura, nella scuola giuridica de los pueblos

Il Perù è una terra lacerata da conflitti sociali. Secondo gli ultimi dati disponibili, forniti dalla Defensoría del Pueblo, negli ultimi 7 anni il numero dei conflitti è in costante aumento, con un totale di 220 casi in tutto il Paese. Di questi, più del 60% rientrano nella categoria dei conflitti socio-ambientali, di cui il 67% sono legati all’attività mineraria. Le radici socioeconomiche sono profonde e difficili da sradicare.

Il Perù è estremamente ricco di risorse, ragion per cui i vari governi succedutisi nel tempo hanno sempre fatto affidamento sul settore estrattivo. Al 2021, circa il 14.71% dell’intero territorio nazionale era coperto da concessioni minerarie accordate dallo Stato.
Vittime di questa folle logica estrattivista sono le fasce più marginalizzate della popolazione, in massima parte comunità campesine e indigene, costrette a subire le conseguenze devastanti delle attività portate avanti dalle imprese private.
L’impatto ambientale, in molti casi, pone la sopravvivenza delle comunità native in pericolo, visto che quasi tutte fanno totale affidamento sulle risorse naturali presenti nei loro territori ancestrali. La contaminazione di un fiume può voler dire sottrarre la fonte primaria di acqua e di alimentazione a intere comunità.
A ciò va aggiunto il dramma dello stravolgimento dei costumi ancestrali. La cosmovisione indigena, infatti, è irrimediabilmente incompatibile con la visione della natura in termini puramente economici e funzionali, visto il particolare legame spirituale che le varie popolazioni hanno con essa. Un fiume non è solo una risorsa, ma anche un essere vivente, un’entità senziente con cui vivere in simbiosi.
Come se non bastasse, attività apertamente illegali quali il narcotraffico, il disboscamento e l’attività mineraria illecita, sono portate avanti da organizzazioni criminali che agiscono nella quasi totale impunità, a causa della corruzione o dell’indifferenza delle istituzioni.

In questo quadro drammatico, le comunità colpite lottano con ogni strumento a disposizione per denunciare la sistematica violazione dei propri diritti fondamentali. Fortunatamente, alcune istituzioni della società civile affiancano e supportano le comunità native nella loro battaglia. Tra queste vi è IDL (Instituto de Defensa Legal), partner storico di Progettomondo, che dal 1983 si occupa di promuovere e difendere i diritti umani in Perù.
Tra le tante attività portate avanti, da alcuni anni l’istituzione è promotrice – in collaborazione con altre realtà – dell’iniziativa Escuela jurídica de los pueblos, un vero e proprio corso intensivo per giovani avvocati e attivisti impegnati nella difesa dei diritti dei popoli indigeni. L’edizione di quest’anno, la cui fase presenziale si è tenuta a Cajamarca dal 4 all’11 agosto, ha visto i 22 partecipanti, tra cui due volontari italiani in Servizio Civile con Progettomondo, impegnati in diversi moduli didattici, studiati per fornirgli una visione completa riguardo tutto ciò che concerne la difesa delle comunità indigene.
Già dalla prima lezione, la filosofia che sta dietro la scuola è emersa chiara: il diritto non è un fatto di natura, è creato dall’uomo, per l’uomo. Esso è frutto di concezioni sociopolitiche importate dall’Occidente, si fa portatore d’interessi di gruppo di potere ristretti, il che, in America Latina, si è tradotto in una apartheid istituzionale a danno delle popolazioni indigene, la cui cosmovisione è stata completamente tagliata fuori dall’assetto istituzionale.
Si è poi parlato di classi sulle diseguaglianze globali, pluralismo giuridico, diritto al territorio e all’autodeterminazione dei popoli indigeni, protezione delle donne indigene vittime di violenza di genere e razziale, delitti ambientali e tanto altro ancora.
Molti gli interventi degli ospiti. In particolare, la toccante testimonianza di Máxima Acuña, l’ormai celebre campensina che ha difeso strenuamente il suo piccolo terreno dalle prepotenze di una multinazionale straniera, proprietaria della più grande miniera di oro e rame del Perù, che ha tentato con ogni mezzo, anche illegale, di impossessarsi della sua proprietà per portare avanti i propri progetti estrattivi, senza che le comunità locali ricevessero nessun tipo di beneficio in compensazione del deterioramento ambientale della regione. Le parole di Máxima, al termine dell’intervento, sono di impatto: «Dicono che mi oppongo allo sviluppo, ma questo non è sviluppo».
Qual è, dunque, lo scopo della scuola? Insegnare a utilizzare il diritto per cambiare il diritto. Usare le aule di tribunale quale veicolo di cambiamento, per imprimere una nuova visione che vada ben oltre la più che legittima rivendicazione di coloro che si trovano ai margini del diritto, che punti a imporre una quanto mai necessaria interpretazione ecocentrica dell’ordinamento e che possa, finalmente, considerare la natura quale soggetto titolare di diritti.

Tommaso Palamone,
Casco Bianco Progettomondo in Perù

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