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Giustizia
Marocco
Gen 2025

Risolvere i conflitti, per una comunità più pacifica

Esistono pratiche di giustizia riparativa utilizzabili nei contesti più disparati, che favoriscono una vita comunitaria più pacifica e un’efficace risoluzione dei conflitti. È stato questo il focus sviluppato nei cinque giorni di formazione che si sono svolti a Beni Mellal, in Marocco, nell’ambito del progetto Justement, dal 6 al 10 gennaio. Attraverso l’analisi di filmati, giochi di ruolo e simulazioni, i partecipanti hanno imparato ad applicare pratiche di ascolto attivo ed empatico, cerchi restaurativi e conferenze familiari, al fine di sviluppare un “approccio restaurativo”, che favorisca il dialogo all’allontanamento, la comprensione e l’empatia alla punizione, e che rafforzi la fiducia nelle risorse interne alla comunità e nella sua capacità di gestire positivamente i conflitti.
Il corso di formazione sul tema della giustizia riparativa e dell’aiuto psicosociale, per supportare le persone vulnerabili e favorire un accesso più equo alla giustizia, è stato condotto dall’esperto Jean Schmitz, e si è svolto nell’ambito del progetto Justement. Un meilleur accès à la justice pour les personnes vulnérables, cofinanziato dall’Unione Europea e realizzato da Progettomondo e dall’associazione Adala pour le droit à un procès équitable, in partenariato con la Delegazione Generale dell’Amministrazione Penitenziaria e della Reinserzione, la Facoltà di Scienze Giuridiche, Economiche e Sociali Souissi di Rabat e l’Università Sultan Moulay Slimane di Beni Mellal.
Le attività del progetto mirano a favorire l’accesso alla giustizia a categorie vulnerabili, quali i migranti, le donne sopravvissute a violenze e i minori in conflitto con la legge. Il progetto si propone quindi di promuovere la difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali e di rinforzare le competenze degli attori giuridici, istituzionali e membri della società civile locale, per una migliore tutela delle persone marginalizzate.

Uno dei temi trattati da Justement è appunto quello della giustizia riparativa, termine che designa un approccio innovativo, lontano da quello della giustizia penale, ma che al tempo stesso si ricollega a forme e pratiche tradizionali di risoluzione dei conflitti. Al contrario della giustizia penale, che interpreta l’illecito principalmente come reato, e dunque come un atto contro lo Stato e le sue leggi, la giustizia riparativa lo concepisce come un danno alle persone e una frattura dei legami comunitari.  La situazione andrebbe quindi affrontata cercando non solo di punire il reo, ma anche e soprattutto di ricostruire questo legame, attraverso una partecipazione attiva della vittima e della comunità.
La giustizia riparativa assume diverse forme, come la Victim-Offender Mediation o le Family Group Conferences, e può sostituirsi o affiancarsi a un approccio penale. Le Family Group Conferences, pratiche utilizzate per coinvolgere e autonomizzare le famiglie nella risoluzione dei conflitti, sono, ad esempio, ormai integrate nei sistemi giuridici di Nuova Zelanda, Australia e Regno Unito, dove vengono utilizzate principalmente per la gestione dei casi di protezione dei minori o per gli illeciti commessi da minori. Questa pratica ha origini nella Nuova Zelanda degli anni ’80, nel contesto della protezione dei minori nelle comunità maori, con l’obiettivo di evitare l’allontanamento forzato dei bambini e bambine dalle famiglie. Storicamente, gli allontanamenti dei bambini dalle famiglie indigene, giustificati da presunti problemi familiari, facevano parte di una strategia più ampia di assimilazione forzata delle popolazioni indigene. Questa pratica è stata tristemente comune a molte comunità, come quelle dei Sami del Sápmi (una regione del Nord Europa che attraversa Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia), degli aborigeni australiani e dei nativi nordamericani. Negli ultimi decenni, si è riconosciuto il danno causato da queste politiche, e le Family Group Conferences sono nate anche come possibile risposta a tali pratiche, mirando a coinvolgere la famiglia e i servizi locali nella creazione di piani di protezione per i minori, facendo leva sulle risorse interne alla famiglia stessa, invece di imporre coercitivamente delle decisioni dall’alto.

La risposta dei partecipanti alla recente formazione è stata particolarmente attiva e animata. Diversi membri della società civile, appartenenti ad associazioni delle regioni di Beni Mellal-Khenifra e di Rabat-Salé-Kenitra, hanno preso parte alla formazione, portando il loro impegno e condividendo le proprie esperienze. Alcune pratiche ristorative erano già state in parte informalmente integrate nel loro lavoro quotidiano, ma la formazione ha permesso di acquisire maggiore consapevolezza e di sviluppare nuove competenze per applicarle in modo più strutturato ed efficace. Alcuni partecipanti hanno riconosciuto che queste pratiche saranno estremamente utili per migliorare la qualità del loro lavoro. Ad esempio, Jawad Arahmat, educatore impegnato con l’associazione AREC di Bradia, che si occupa di organizzare attività e campi estivi per i giovani della zona, ha evidenziato come l’uso dei cerchi restaurativi e delle tecniche di ascolto apprese durante la formazione possano rivelarsi strumenti preziosi per gestire i conflitti all’interno dei gruppi di giovani e favorire un ambiente più positivo e collaborativo.
Un altro aspetto interessante emerso durante la formazione è la possibilità di applicare l’approccio restaurativo anche alla gestione delle stesse associazioni. Soazaima Kamal Issouf, una giovane comoriana membra dell’associazione CESAM, che riunisce studenti africani in Marocco, ha sottolineato come le pratiche restaurative possano essere utilizzate non solo per il lavoro con i beneficiari, ma anche per comprendere meglio i bisogni dei membri delle associazioni e affrontare potenziali conflitti o problematiche interne. In questo modo, l’approccio restaurativo si configura come uno strumento fondamentale per creare un ambiente più armonioso e orientato alla risoluzione pacifica dei conflitti, sia tra i beneficiari che all’interno delle stesse organizzazioni.

Nel contesto della vivace vita istituzionale e associativa del Marocco contemporaneo, caratterizzato da importanti riforme in corso nel campo della giustizia — tra cui quelle relative al Codice di Famiglia, al Codice Penale e di Procedura Penale, e la recente legge sulle pene alternative (entrata in vigore nell’agosto 2023) — l’approccio della giustizia riparativa, discusso e applicato durante il corso di formazione, si inserisce come strumento fondamentale per favorire un accesso più equo alla giustizia. Progettomondo, con Justement, mira non solo a sostenere questi cambiamenti, ma anche a rafforzare le competenze degli operatori e delle operatrici locali, promuovendo la protezione delle categorie vulnerabili e contribuendo a un sistema giuridico più giusto e inclusivo.

Sara Manna,
Casco Bianco Progettomondo Marocco

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