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Mozambico
Ott 2024

“Babbo, perché fuori c’è la guerra?” Il Mozambico del post elezioni cambia volto

“Per fortuna quella che i miei figli chiamano guerra, guerra vera non è. Però ci siamo forse abbastanza vicini”. Sono le parole di Francesco Margara, socio ed ex cooperante di Progettomondo in Mozambico, che descrive lo scenario del post elezioni che sta interessando il Paese.
Residente a Maputo, Margara sta assistendo a manifestazioni di protesta, strade bloccate da barricate improvvisate con sassi, mattoni, pneumatici bruciati, cassonetti ribaltati. Polizia e militari sono in costante stato antisommossa e lanciano gas lacrimogeni, sparando sui manifestanti non solo proiettili di gomma. I cortei da pacifici si trasformano in piccole guerriglie urbane a causa di poche teste calde e la polizia risponde senza troppe remore.

Il 9 ottobre si sono tenute le elezioni politiche per eleggere il capo del Governo. Oltre 27 milioni di persone, la metà delle quali con diritto al voto, si sono trovate a decidere se continuare con il partito storico Frelimo (Frente de Libertação Nacional de Moçambique), che dall’anno della proclamazione dell’indipendenza, 1975, ha governato fino a alternando diversi presidenti, o se dare fiducia a uno dei partiti di opposizione tra i quali spiccano Renamo (Resistência Nacional Moçambicana), storico avversario dagli accordi di pace di Roma del ’92, MDM (Movimento Democratico de Moçambique) o il nuovo partito denominato Podemos (Povo Optimista para o Desenvolvimento de Moçambique). Fin da subito la corsa alla presidenza è sembrata essere però a due, tra il candidato del Frelimo, Daniel Chapo, e quello di Podemos, Venancio Mondlane. Quest’ultimo infatti alle elezioni autarchiche del 2023, aveva ottenuto molti consensi correndo per il partito Renamo, ma la scelta di di puntare su un personaggio storico come Ossufo Momade, ha fatto decidere Venancio di correre con un partito nuovo e indipendente, Podemos appunto.

Il Mozambico è uno dei Paesi più poveri al mondo, con una popolazione molto giovane, con risorse naturali di rilievo, petrolio, gas, carbone, minerali rari, gemme e rubini, milioni di ettari arabili, e 3000 km di coste pescose e di rara bellezza.
Più che che per la sua bellezza, che lo ha portato a essere soprannominato Perula do Indico, ovvero la Perla dell’Oceano Indiano, da anni purtroppo il Paese è però conosciuto soprattutto per i problemi dati dal terrorismo a Cabo Delgado, provincia all’estremo nord, legati alla presenza di gas e petrolio che hanno attratto molte compagnie del settore. La lotta al terrorismo va avanti ormai dal 2016 e non accenna a rallentare, nonostante gli appoggi militari ed economici di altri Paesi africani come Sudafrica e Ruanda.
Le enormi potenzialità, non smuovono il Paese dal fondo della classifica mondiale dell’Indice di sviluppo umano Human Development Index – HDI, stazionando da anni al 184º posto. La ricchezza del territorio purtroppo non si traduce in ricchezza della popolazione, che da tempo vive sotto la soglia di povertà, con picchi nelle zone rurali, che hanno attratto tanti fondi delle Nazioni Unite, così come di tante enti, organizzazioni e agenzie di cooperazione.
Finora il Paese è sempre stato considerato abbastanza stabile politicamente, in quanto il partito Frelimo, lo stesso dal 1975, ha sempre avuto il controllo più o meno totale, e non ha mai avuto veri e propri concorrenti capaci di insidiare questa egemonia. Per la prima volta però si è affacciato sul palcoscenico della politica un volto nuovo, un brillante ingegnere e funzionario bancario che ha ottenuto ben presto il consenso della fascia più giovane della popolazione grazie a una capacità oratoria notevole. In un Paese povero e con molteplici problematiche non è difficile arrivare alla pancia della popolazione, soprattutto quella più giovane che non ha prospettive davanti a sé e vive in un continuo barcamenarsi per la sopravvivenza. Sia che abitino in città o in zone rurali, i giovani hanno uno scarso accesso all’educazione, così come al sistema pubblico sanitario, al mercato del lavoro formale e alla formazione professionale per poter trovare lavori che non siano saltuari.
In questo clima Venancio Mondlane ha iniziato una campagna basata sul richiamo dei giovani, sulla necessità della politica di tornare a essere quella che era oltre 30 anni fa quando il Mozambico proclamò la sua indipendenza come un paese filo-socialista dove l’allora presidente Samora Machel sosteneva che i politici non devono vivere al di sopra del popolo, ma devono vivere come servitori del popolo. Basta corruzione, basta clientelismo, basta alla casta politica che da anni vive alle spalle della popolazione senza preoccuparsi se questa muore di fame o di malaria e che alla prima occasione spende migliaia di dollari per l’ultimo modello della macchina di lusso. Basta!
Così, dopo il 9 ottobre, Venancio Mondlane e il partito Podemos hanno iniziato una campagna post elezioni basata sul richiamo della popolazione a lottare per la propria libertà, a non accettare i risultati che si prevedevano pesantemente a favore del Frelimo e che ieri, 24 ottobre, hanno di fatto dichiarato Daniel Chapo vincitore con il 70% dei voti. Un particolare molto importante è il notevole tasso di astensione alle urne, dato che fa riflettere, in quanto un Paese in tali condizioni dovrebbe credere maggiormente nel potere delle elezioni. E invece la politica non si preoccupa della popolazione, e quest’ultima fa quindi altrettanto. Ma non in questi giorni.
Migliaia di persone sono scese in strada negli ultimi giorni, soprattutto dopo che nella notte tra venerdì e sabato della scorsa settimana, sono stati brutalmente assassinati due componenti del partito Podemos con un assalto in piena regola per le strade della capitale Maputo. Da sabato la popolazione è in subbuglio e lo sciopero generale indetto proprio da Venancio Mondlane ha portato la gente a riversarsi in strada soprattutto ieri, 24 ottobre, giorno in cui sono stati proclamati i risultati delle elezioni: Frelimo 70%, Podemos 20%, Renamo 5% e MDM 3%.
Quasi tutte le città del Mozambico sono scese in strada per protestare, con cortei pacifici che si sono poi trasformati in piccole e proprie guerre. La polizia e i militari hanno risposto forse in maniera spropositata, ma tanto è bastato per creare il caos in diverse zone del Paese. Diversi morti e feriti, macchine e costruzioni distrutti, tutti i materiali di visibilità del Frelimo dati alle fiamme e la maggior parte della popolazione costretta in casa per non correre rischi di ritorsione.
Da giorni Podemos aveva dichiarato di aver messo in piedi un sistema di controllo parallelo per le schede depositate durante il giorno delle elezioni e oggi ha annunciato quelli che reputa i risultati veridici: Podemos 53%, Frelimo 36%, Renamo 6% e MDM 5%. In questo caso le cose cambierebbero notevolmente dando a Podemos la maggioranza e la presidenza, ma Frelimo conterebbe ancora con una buona fetta di seggi.
Dove stia la verità non lo sappiamo, magari sta nel mezzo come dicevano gli antichi, fatto sta che ci sono ancora 15 giorni per appurare se i risultati siano giusti o no, e nel frattempo le parti in causa si sfidano a suon di annunci, dichiarazioni, minacce e battute. Nel mezzo ci sono oltre 27 milioni di persone che non sanno se li attende o meno la guerra.

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