In Niger, la stabilità del governo era vista con un certo entusiasmo dagli attori internazionali implicati a vario titolo nel Paese. La repubblica nel cuore del Sahel è scenario degli interessi politici, militari ed economici di potenze come Francia, Stati Uniti, Cina, Germania, Italia, India e Turchia.
Tuttavia, i recenti risvolti politici nei paesi limitrofi e i segnali di un’insoddisfazione sopita erano presenti da tempo e si sono tradotti in un colpo di stato che aleggiava nelle menti di molti, ma sulle bocche di pochi.
Mercoledì 26 luglio, il presidente Bazoum è stato trattenuto dalla guardia presidenziale fino alla proclamazione della sua destituzione, attribuita all’insoddisfazione sulla gestione sicuritaria, economica e sociale del Paese.
Il nostro cooperante in loco, Marco Lombardo, da tre giorni è chiuso in casa a Niamey, la capitale del Niger.
“Uscire non è cauto”, dice, “e potrebbe anche essere letto come una provocazione o un segno di sfida. Il 3 agosto in Niger si celebra la festa dell’indipendenza, e al momento la riapertura delle frontiere è fissata dopo il 4 agosto, ma la situazione è ancora troppo indefinita per fare previsioni. Con ogni probabilità, forze militari e politiche stanno cercando di raggiungere un accordo. La guida di Bazoum segnava una forte continuità col precedente esecutivo e il suo governo, sostenuto, tra gli altri, da Francia, Unione Europea e Stati Uniti, appariva tutto sommato solido, sebbene oggetto di un rimaneggiamento importante a fine novembre 2021. Eppure, ormai sembra molto probabile che si vada verso la transizione”.
Dopo una campagna elettorale burrascosa, Mohamed Bazoum era stato eletto democraticamente due anni fa, ma c’era stato un tentativo di colpo di stato anche a marzo del 2021, subito dopo la sua elezione.
L’autoproclamato Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria, che lo ha deposto, conta i suoi membri tra i ranghi militari.
“In questi giorni si sono uditi disordini e scariche isolate di spari non lontani dal nostro domicilio”, prosegue Lombardo. “Nel quadro degli spostamenti concentrici di truppe dalla regione di Tillabéry verso la capitale, dei convogli si sono distaccati da Ouallam, capoluogo dell’omonimo dipartimento, a poco più di un’ora di strada da Niamey. Il comune urbano ospita le truppe dell’operazione Almahou dell’esercito nigerino, ma anche contingenti statunitensi e francesi. Progettomondo ospita una base proprio a Ouallam e il nostro staff conferma l’avvenimento di tali manovre e di reazioni contrastanti tra i militari. Dopo il blocco dei voli internazionali e l’istituzione di un coprifuoco, le folle si sono riversate in strada nella capitale, così come nelle città di Tillabéri e Dosso. Abbiamo appreso di disordini avvenuti tra folla, esercito e alcuni esponenti politici, nonché di scontri, incendi, tentativi di linciaggio, disordini e saccheggi. Noi di Progettomondo abbiamo due esperti in missione dal Burkina Faso, che si trovavano proprio a Ouallam nelle prime fasi del golpe. Venerdì sono per fortuna riusciti a rientrare in capitale. Le banche, subito chiuse, sono state riaperte e la vita economica e sociale è ripresa. La situazione resta però magmatica. Manca l’ufficializzazione della nuova giunta, così come la firma delle dimissioni del presidente Bazoum. Non sono stati formalizzati accordi scritti e, sebbene, la manifestazione annunciata per venerdì a sostegno del cambiamento nel governo non si sia infine tenuta a fronte del presidio militare delle piazze, non sembrano per il momento concretizzarsi azioni strutturate di contrasto al putsch”.
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