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Burkina Faso
Gen 2022

Burkina, una calma che preoccupa dopo il colpo di Stato

Il popolo burkinabé non si arrende.
La mano dura usata dal governo per contrastare, con gas lacrimogeni e la forza di polizia e militari, le dimostrazioni popolari organizzate a fine novembre nelle maggiori città del paese, non ha fermato la volontà della gente di manifestare ancora, anche in sostegno, il 22 gennaio, alle sanzioni imposte al vicino Mali.
La calma apparente dopo le dimostrazioni antigovernative di sabato 22 gennaio, che chiedevano le dimissioni del presidente Roch Kaboré, ritenuto incapace di gestire la crisi jihadista in corso nel Paese e di garantire la sicurezza della popolazione, si è interrotta domenica mattina all’alba, quando ammutinamenti di diversi gruppi militari sono stati segnalati in varie caserme di Ouagadougou e Kaya.
Da subito, notizie dell’arresto del presidente hanno cominciato a circolare – nonostante il blocco della rete mobile dal giorno prima – e una manifestazione in supporto ai militari è stata prontamente bloccata dalle forze dell’ordine. Alcuni giornalisti che erano nei pressi del campo militare di Lamizana, detenuti brevemente dai militari, hanno potuto raccogliere la lista di richieste degli stessi ammutinati. Ciò che vogliono è in primis il rinforzamento delle truppe per ostacolare i gruppi terroristici, ma anche un cambio nella gerarchia militare, e un migliore trattamento delle famiglie di militari feriti o deceduti.
Nel corso di domenica 23 gennaio, il ‘tweet’ del presidente Kaboré in sostegno all’equipe nazionale per la partita della domenica sera, ha fatto sperare che le negoziazioni fossero in atto. Allo stesso tempo però, immagini dell’auto presidenziale attaccata e la vandalizzazione della sede del partito al potere, con l’instaurazione di un coprifuoco, non hanno lasciato intendere nulla di buono.
Il lunedì mattina è arrivata, non inaspettata, la conferma dalla stampa locale e internazionale circa l’arresto del presidente e l’annuncio dell’instaurazione di un governo militare, con a capo il colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba.
La comunicazione tramite rete televisiva statale è stata diffusa un po’ in ritardo, proclamando, come prassi di un colpo di stato, lo scioglimento del governo e dell’Assemblea Nazionale, la sospensione della Costituzione, la chiusura delle frontiere aeree e terrestri, e un coprifuoco, esteso su tutto il territorio nazionale.
Il nuovo governo – sotto il nome di Movimento Patriotico per la Salvaguardia e la Restaurazione – si dice pronto a impegnarsi per restaurare l’ordine costituzionale in tempi ragionevoli e nel rispetto dei diritti umani.
Il ritorno alla quasi normalità, martedì, è apparso quasi irreale. Si vive con il fiato sospeso, in una situazione stranamente tranquilla. Prontamente sono arrivate le condanne della comunità internazionale che chiede la liberazione dell’ormai ex presidente.
Si tratta del terzo colpo di stato della regione in 18 mesi. L’unica nota positiva, questa volta, è che non sembra esserci stato alcuno spargimento di sangue.
La popolazione civile, ma anche la comunità internazionale residente nel Paese, resta perplessa e in attesa di cosa davvero significhi quanto accaduto. Si continua a credere nel popolo burkinabé, nella ferma volontà di restare uniti per il benessere dell’amata nazione e nella forza che ha dimostrato la gente in questi anni restando compatta nonostante gli attacchi terroristici e le morti aumentino di giorno in giorno.

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