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Marocco
Ott 2023

In una Marrakech che crolla si condivide senza barriere. La testimonianza dei nostri Caschi Bianchi

«Al momento del terremoto eravamo al Minareto, fuori dalla calca. Siamo stati dei privilegiati.  Mentre la nostra preoccupazione riguardava il recupero degli zaini e il fatto di riuscire a prendere l’autobus per rientrare a Beni Mellal la mattina dopo, le persone intorno a noi si preoccupavano di recuperare le loro case, i loro affetti, di aiutare gli anziani in famiglia”.
Lo dice Beatrice Guerra, 26 anni, che da un mese si trova in Marocco per affrontare un anno di servizio civile con Progettomondo. Beatrice era arrivata a Marrakech verso le 21, insieme ad altri tre civilisti con cui sta condividendo l’esperienza all’estero. Soltanto due ore dopo il gruppo è stato colto dal terribile terremoto di magnitudo 7.0 che già conta oltre duemila morti.
“Ci siamo sdraiati tra turisti e marocchini sulla coperta prestata dal nostro Riad”, dice ancora Beatrice. “È in momenti come questi che esce un forte spirito di comunità, di aiuto reciproco, una coperta prestata a un’estranea, la condivisione dell’acqua appena comprata, la lingua straniera non è più una barriera, condividere è il nuovo modo di comunicare”.

I giovani – che sono in Marocco con Progettomondo mondo per svolgere attività di promozione di una migrazione responsabile, di rafforzamento del ruolo della donna e della parità di genere e legate alla giustizia riparativa – avevano deciso di trascorrere il fine settimana nell’antica città imperiale. Venerdì pomeriggio, dopo il lavoro nella sede locale di Progettomondo, a Beni Mellal, sono saliti su un bus che li ha portate a Marrakech. Giusto il tempo di lasciare gli zaini al Riad, e il gruppo si è recato in Piazza Jamaa el Fna, la piazza centrale di Marrakech e  il luogo più importante della Medina che, poco dopo, li avrebbe accolti per una notte tra le macerie.
Il terremoto è arrivato come un evento inaspettato nel bel mezzo di una grande festa, con la musica e l’allegria in piazza, e ha portato con sé paura, sconforto e timore, aumentati dal fatto che il popolo marocchino non è abituato ad affrontare simili calamità.

“Al momento dello scoppio del terremoto ci trovavamo tra piazza El-fnaa e la moschea di Koutoubia”, racconta Francesco Bellotti, 29 anni, originario di Genova. “Ci hanno assaliti prima la paura e poi lo sgomento, anche perché pensavamo che avremmo assistito al crollo del grande minareto che, durante la scossa, ha prodotto un’immensa nuvola di polvere. Per evitare il panico della grande calca della piazza e per rimanere lontani dagli edifici, ci siamo stazionati dietro una barriera antisommossa in cemento all’imbocco di Viale El-fnaa, aspettando che il tutto si calmasse e prevenendo eventuali scosse di assestamento. Verso mezzanotte e mezza, ci siamo avviati verso il Riad della medina, inoltrandoci nei vicoli abbiamo constatato diversi danni: mucchi di calcinacci, edifici diroccati, muri crollati. Il Riad era ancora in piedi e siamo riusciti a recuperare gli personali ma per questioni di sicurezza non potevamo rischiare di dormire al coperto. Dotati di coperte ci siamo aggregati alle centinaia di famiglie locali e turisti scesi in piazza per passare la notte in piazza. Una notte insonne, presi dai nostri pensieri e dalla volontà di tornare a Béni Mellal con il primo bus dell’alba che siamo effettivamente riusciti a prendere. Ne siamo usciti incolumi ma difficilmente dimenticheremo questa esperienza”.

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